Qualche studente che si ferma chiede alla compagna: “Ma tu, la conosci questa biblioteca delle donne?”. Nei corridoi del dipartimento di Scienze Umane, nel palazzo in cui a novembre del 2013 sono risuonate tante parole di donne, invitate dalla SIL, giacevano nei loro scaffali a vetro, giunti da molti traslochi, i libri della Biblioteca delle Donne Melusine (fondatrice di TerreMutate).
Un sottile velo di polvere, fisico e simbolico, avvolgeva la materia prima di qualsiasi biblioteca.
Le librerie erano a un piano alto, e si cercava di renderle disponibili alla consultazione; molte e qualcuno li hanno richiesti, tanta curiosità.
Perché, anche quando i bisogni primari sono insoddisfatti, come a L’Aquila le case, i luoghi d’incontro, strade percorribili nel centro storico, il bisogno di cultura e di tenere in mano un libro, di farne esperienza sensoriale, non cede.
Quei libri, ora ritornati sugli scaffali della Casa delle Donne, sono uno dei tanti simboli della brusca fermata della città, dal 6 aprile del 2009: in quasi trent’anni di attività delle Melusine, con tanta pazienza erano stati messi insieme e curati, accuditi, per essere spartiti, con altre donne, dalle donne che li hanno raccolti. E ora è possibile togliere quel velo di polvere, che si è posato quella notte su ogni cosa, togliendo la vista a chi ce l’ha e dandola ai ciechi, perché solo con un esercizio di memoria a-sensoriale – e immaginando con la propria mente il futuro – si può resistere a un oggi ancora poco attraente.
Paesaggio e paesaggi: narr-azioni
“Cos’è un uomo senza un paesaggio?”, si chiede Athos, il protagonista di In Fuga: “soltanto il tempo che passa a guardarsi allo specchio”. In Fuga è uno dei due romanzi di Anne Michaels che nel 2013 hanno alimentato la riflessione delle donne TerreMutate (l'altro è La Cripta d'inverno). Il tuo paesaggio, quello in cui si è formato il tuo immaginario, quando ne riesci a ritrovare la traccia, ha trattenuto le tue emozioni e le tue memorie, in un movimento fluido, connesso col presente in una trasformazione continua. Perciò è bello e doloroso, a distanza di tempo, tornare negli stessi posti: essi, come in uno specchio felicemente deformante, ci rimandano il nostro cambiamento, le nuove figurazioni del paesaggio interiore, ma non solo. Svelano le illusioni di cui ci siamo nutrite, ci spingono a un esame di coscienza. Ma cosa succede se il paesaggio cambia violentemente, traumaticamente e non è più riconoscibile? Laddove il paesaggio esteriore è distrutto, completamente annullato o sovra-posto da strutture che ne impediscono il riconoscimento, il tuo paesaggio interiore ne può risentire fino all'annichilimento. E nel tentativo di salvare l’immaginario e la memoria, abbiamo due scelte davanti a noi. Congelare il ricordo, proiettare la memoria fuori di noi, rimuovendo un presente troppo doloroso. Oppure costruire un altare di ricordi, un tempio inviolabile che congelerà il nostro futuro nel perenne rimpianto del passato. Una bella sintesi di codesto conflitto c’è nell’appello 2013 delle donne TerreMutate: “la memoria dei luoghi e delle cose belle combatte contro la sopravvivenza: per sopravvivere, a volte bisogna dimenticare”.